E tu avresti voluto gridare
in un’alba di ruggine rossa
per quel giovane corpo addormentato
per quel pallido sole disilluso
per quel caffè di colore amaro
che scorreva tra le pietre della cucina
per quel seno che non potevi toccare
quel seno che non volevi sognare
per una spada ferita in punta
che ti aveva strappato la voce.
Eppure avresti voluto gridare
per un angolo di mare incatenato
per l’evoluzione / involuzione
di rapidi segni gettati nell’acqua
per una parola vuota e gonfia
un silenzio storto e macchiato
che rompeva i timpani.
Avresti gridato e spaccato i muri
con forbici di legno e ferro
con corna d’ariete
con suoni esasperati e contorti
per il tempo indeterminato
per il cavallo senza testa
per il musicista pazzo
per il ritmo lento del giorno.
Tu avresti voluto gridare
in un’alba di ruggine rossa
con il tuo volto esangue
per il gioco del tuo respiro.
Ma il grido non usciva
e rimanesti immobile
a scrollarti di dosso la ruggine.
Forse cantavi sottovoce.

Gennaio 1981