Enea Roversi - Collage formato cartolina

Enea Roversi – Collage formato cartolina

Vorrei riportare qui un testo che ho letto durante la rappresentazione di La geografia è un destino che si è tenuta il 23 gennaio 2016 presso Le Torri dell’Acqua, a Budrio: un evento ideato da Alessandro Dall’Olio e dal Gruppo 77 di Bologna, col patrocinio del Comune di Budrio e promosso da Comune di Budrio e Fondazione Cocchi.
La geografia è un destino, per chi non lo conosce, è un collage di poesia, musica, immagini, danza e testimonianze sul tema dei migranti. Nato da un’idea di Alessandro dall’Olio all’indomani del tragico naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 che provocò 366 morti, è stato proposto più volte a Bologna e non solo. Ho avuto il piacere e l’onore di partecipare anch’io a questo spettacolo-evento, leggendo testi di altri autori. Ma il 23 gennaio, per la prima volta, ho proposto un mio testo, che scrissi a ridosso della tragedia, ma che avevo sempre tenuto da parte. Non è una poesia, non è una prosa, forse è un po’ una è un po’ l’altra. Ho immaginato un uomo qualunque che ragiona su questa tragedia.
E’ un ragionamento a voce alta?  L’intervista all’uomo della strada con le sue risposte? Chissà, l’unica cosa che so è che l’uomo parla, parla, ma alla fine non ha niente da dire.  O magari, senza accorgersene, ha detto troppo.

Niente da dire

Non mi chiedete che cosa ne penso, non ne so niente. Non so perché è successo, quello che è successo. Non so nulla di barche e neppure di barconi. Io soffro anche il mal di mare. E non so nulla di pesca e tantomeno di pescatori. Io il pesce non lo mangio. Mi dà fastidio persino l’odore. Laggiù nelle reti a volte ci trovano cadaveri. Ma laggiù è un posto lontano. Un angolo di mare sperduto. Non so nulla di quei posti. Non so nulla di quella gente. Ho visto qualcosa in tivù. Uomini e donne morti. Bambini morti. Sacchi allineati sulla banchina. Immagino il puzzo. Povera gente. Da dove venivano? Da dove scappavano? No, non so nulla di politica. Parlano di tonnara. Non ho mai visto una tonnara. Perché le barche non si fermano? Obbligo di soccorso? Favoreggiamento di reato? Se c’è una legge è così. Contrario a che cosa? Non ho detto nulla. Quelle foto poi. Ricordi spariti. Ma lo Stato scusate. Per carità non voglio mica. Accusare nessuno. Dare la colpa a chi, poi? Non è mica colpa nostra. Le cose succedono. Mica li ho obbligati io a venire. Poi noi già abbiamo i nostri problemi. Già, la recessione. È l’euro che ci ha rovinati. Non ce n’è per noi. Figuriamoci per gli altri. Quella legge l’ha approvata il Parlamento. Sentito quanti nuovi poveri ci sono? Sì, certo l’Africa bisogna aiutarla. L’Eritrea un tempo era nostra. Ma ci vorrebbe uno sviluppo. No, non intendo dire. Ma se li aiutassimo a casa loro. Forse eviteremmo. Certo così è un bel problema. Ci vorrebbe, non dico l’Esercito. E l’Europa che sta a guardare. Quanti erano, poi. Trecento. Quattrocento. Cinquecento. Ho sentito uno del posto. Parlava al telegiornale. Non capivo nulla. Dialetto stretto. Ma dai, non ci credo…Ventimila morti in quindici anni. Per me esagerano. Forse per commuoverci. Comunque qualcosa ho fatto. Ho fatto un’offerta. Con un sms. A quell’associazione, non mi ricordo come si chiama. Lacrime di coccodrillo? Sarà. Non insistete, vi prego. Non so nulla di profughi. Neppure di centri di accoglienza. Tanto poi paghiamo noi. Non so nulla di traffico. Non capisco nulla di politica. L’ho già detto. Ho capito che ci sono i morti. Ho capito la tragedia, l’azione umanitaria. Tutto il resto bla bla bla. Le guerre. I clandestini. I rifugiati, ho capito. Ma vi prego non mi chiedete nulla. Non mi chiedete che cosa ne penso. Non ho niente da dire.